di Trisha Thomas e Teo Andrealis
Il duca Giulio Grazioli ci invita a parlare del suo palazzo storico e della sua famiglia, nel suo accogliente studio, appena sotto il piano nobile, che sarà la nuova sede dell’Associazione Stampa Estera in Italia.
Si siede dietro una scrivania ricoperta di appunti, foto e documenti, che risalgono al 1779, quando il suo trisnonno arrivò a Roma, dalla Valtellina, a nove anni con una zia e uno zio.
Alle spalle del Duca, la parete è tappezzata di foto della sua gioventù durante i safari di caccia in Africa. Ai lati della scrivania ci sono modellini di moto, una passione che continua a coltivare anche oggi. Una grande finestra alla sua sinistra gli permette di avere una perfetta visione dell’andirivieni nell’elegante cortile di san pietrini, dove negli anni, un gran numero di personaggi di spicco fra presidenti, principi e papi sono passati. Così ci apre una piccola finestra sulla storia del suo storico palazzo e sulla sua nobile famiglia.
Da garzone a duca, e dai pidocchi ai diamanti, grazie al grano.
Vincenzo Grazioli, trisnonno del Duca, è arrivato a Roma all’età di 9 anni. Secondo un racconto di Antonio Cesare Corti, il viaggio dalla Valtellina a Roma per il giovane Vincenzo non è stato facile, “fatto di interminabili camminate e trasporti su carri e diligenze scomodissime…” e “irrequieti pernottamenti nei lerci e pidocchiosi giacigli delle stazioni di posta…” Nonostante le difficoltà, il giovane Vincenzo arriva a Roma e trova lavoro come garzone in un negozio che vendeva pane, verdure, farina, pasta e altri generi alimentari. La grande occasione per Vincenzo arriva a 20 anni, nel 1789, quando i francesi conquistano una parte dello Stato Pontificio. “I francesi avevano occupato il Papato e lui riesce ad assicurarsi la fornitura di vettovaglie e fieno per l’esercito francese” spiega il Duca.
Vincenzo sposò Maria Miller, una donna di origine tedesca, la cui famiglia possedeva panetterie in tutta la città, tra cui quella tutt’ora aperta vicino Fontana di Trevi. Vincenzo va a vivere con la famiglia Miller nel Rione Trevi e prende in mano la gestione dei loro forni. “I forni portavano un mare di soldi” dice il Duca, “il pane costava caro e i romani erano grandi consumatori di pane.”
Purtroppo, la moglie di Vincenzo muore giovane. Si sposa di nuovo, questa volta con una donna molto più giovane di lui, la diciassettenne Anna Londei “che porta con lei una dote da 2000 scudi. 2000 scudi rappresentavano una fortuna, diciamo 5-600.000 euro di oggi”. A questo punto, Vincenzo Grazioli espande le sue attività commerciali in campagna. “Diventa mercante di campagna, cioè comincia a lavorare attivamente anche nell’agricoltura. Mercante di campagna vuol dire rappresentante per dei grossi feudi del proprietario.”
All’inizio del 1800, quando la carestia si diffonde in tutta Europa, Vincenzo Grazioli, che gestisce il granaio dello Stato Pontificio, lo apre per sfamare lapopolazione.
Con tutti i suoi guadagni, Vincenzo Grazioli acquista Castelporziano, un’enorme tenuta di campagna che oggi fa parte delle residenze del Presidente della Repubblica italiana.
A Castelporziano, i Grazioli intrattenevano i Cardinali e persino il Papa. Nel 1836, Papa Gregorio XVI nomina Vincenzo Grazioli Barone di Castelporziano. Secondo il Duca, a quel tempo il suo trisnonno aveva circa 200 persone che lavoravano per lui, sia nelle sue tenute di campagna che nei negozi e nelle case in città, ed era il quarto uomo più ricco di Roma dopo i Corsini, i Borghese e i Ludovisi, con 350.000 franchi di patrimonio stimato.
Vincenzo Grazioli, sempre più ricco e potente, acquista Palazzo Grazioli. A questo punto, il Duca tira fuori dal suo mucchio di carte sulla sua scrivania, una pubblicazione sul suo trisnonno in cui si legge “Vincenzo Grazioli e la sua famiglia furono ex Senatus Consulto del 24 settembre 1843 ascritti alla nobiltà romana.”
La nobiltà romana aveva vita assai mondana. Ad una festa del Principe Doria, come racconta Nicola Roncalli nella “Cronaca di Roma la Signora Grazioli scintillava con i suoi gioielli ricchi di diamanti.
Bambino a Palazzo Grazioli
Saltiamo qualche generazione e arriviamo al Duca Giulio Grazioli che è nato nel 1943. È cresciuto con la sua famiglia al piano nobile del Palazzo, dove si insedierà la Stampa Estera.
Da bambino aveva un appartamento nella Sala Feudi, dove la Stampa Estera avrà una seconda sala conferenze. Il piccolo Giulio aveva una governante inglese che badava a lui, mentre i genitori vivevano una vita mondana tipica della nobiltà dell’epoca, fra feste e caccia alla volpe. Lui spiega che da ragazzo conduceva una vita in qualche modo separata dai suoi nobili genitori. “C’era grande divisione in famiglia a quell’epoca, tra genitori e figli e le madri pretendevano un’educazione molto rigida.”
Il giovane Giulio fu mandato a studiare dai gesuiti e ricevette una rigorosa educazione cattolica al Collegio Massimo, una scuola considerata la più severa ma anche la migliore di Roma. Ha finito i suoi studi con un laurea in giurisprudenza all’Università di Sapienza a Roma. Nonostante la disapprovazione dei genitori, fece amicizia con persone di ceto sociale: “La tradizione mi piaceva fino a un certo punto. Ho combattuto con i miei, perché c’erano molte cose in cui mi limitavano”.
Poi aggiunge, che resisteva alle pressioni di frequentare soltanto gli eredi di altre famiglie nobili. Questa sua filosofia rimane fino ad oggi. Racconta che ogni tanto vedere gli altri nobili alle feste al Circolo della Caccia, club per nobili romani, ma gradisce molto
la compagnia del suo grande amico meccanico, e con cui gira nelle sidecar d’antiquariato per l’Europa. Quando è arrivato il momento di sposarsi, i genitori gli hanno dato due o tre alternative, lui le ha ignorate e ha fatto infuriare sua madre sposando una donna separata con due figli, Assia Wolodimeroff, con la quale vive tuttora. “Con mia madre, Isabella, ho avuto molticontrasti: per affetto lei avrebbe voluto gestire la mia esistenza, però questo era impossibile, quindi io sono scappato e ho fatto mille cose.”
Ha viaggiato in tutto il mondo, ha fatto esperienza lavorativa in California nel settore agricolo, caccia in Africa e motociclismo in Albania e Grecia.
Gli anni con Silvio Berlusconi
Il Duca ricorda con affetto gli anni in cui Silvio Berlusconi usava Palazzo Grazioli come residenza romana e base delle operazioni politiche. “Era simpatico, un gran lavoratore, ma diceva ‘dalle dieci di sera in poi faccio un’altra vita. Ho dato fino ad ora al governo quello che c’era da dare, adesso non mi rompete le scatole. Voglio fare la vita che mi aggrada.’”
Il Duca lo vedeva arrivare e osservava il via vai di persone attorno a lui. “Da qua, dalla finestra, lo vedevo quando arrivava in una macchina, poi c’era tanta gente che veniva. Era molto divertente da quel punto di vista, era molto vivo qua.”
Ci raggiunge il suo collaboratore, il dott. Mario Nanni, che racconta: “Sia il Duca che tutte le persone che lavoravano
qui a Palazzo Grazioli, avevano un rapporto molto distaccato con Berlusconi, e penso che questo sia stato apprezzato da Berlusconi stesso, che non si sentiva minimamente oppresso. Poteva passeggiare in cortile, passava e la gente gli diceva ‘buongiorno’, ma nessuno lo importunava. Non appena usciva fuori dal Palazzo invece era un bagno di folla.” Ancora oggi il Duca è grato per la presenza di Berlusconi nel suo Palazzo: “Ha reso viva la casa perché c’era un gran movimento.”
Una nuova era con la Stampa Estera
Il Duca Giulio Grazioli non vede l’ora di iniziare questa nuova era per Palazzo Grazioli, con la Stampa Estera
e non è minimamente preoccupato dell’invasione di centinaia dei giornalisti stranieri provenienti da più di 50 paesi. “Hanno personalità interessanti e sono molto importanti per il nostro Paese perché devono giudicarlo e farlo conoscere agli altri Paesi esteri” spiega, aggiungendo, “sono onorato che venga qua un gruppo di persone di questo tipo, senza dubbio di un livello elevato e di un’apertura mentale diversa. Il livello culturale romano è abbastanza ristretto. Voi invece che provenite da altri Paesi apportate qualche cosa di positivo, sicuramente in questa società che ha perso la tradizione e non riesce ad adeguarsi al mondo contemporaneo.”
Finita l’intervista il Duca, con grande gentilezza e scioltezza, ci accompagna giù per la scala nobile del palazzo facendo attenzione a non camminare sul tappeto rosso, perché dice “C’è il rischio di scivolare.”
Passiamo sotto la grande testa, montata a parete, di uno strano rinoceronte del Borneo. Un trofeo dei tempi passati. “Non faccio più quel tipo di caccia,” dice Don Giulio, “sono diventato animalista.” Adesso, con piacere, il Duca apre il suo Palazzo ad altri tipi di cacciatori, i giornalisti, a caccia di scoop.